Monumento all'emigrante

 emigrante

Opera dello scultore Giuseppe Ranaldi, fortissimamente voluto da Vito De Arcangelis, una persona speciale emigrato in Messico negli anni ‘60 e da Bruno Biancale, presidente del comitato Madonna Addolorata.

Ogni 13 agosto (dal 1990) si tiene la ‘Festa dell’emigrante’ organizzata dall’associazione “Amici Italiani lavoratori all’Estero” e il comitato festeggiamenti Madonna Addolorata.

Palazzo S.Germano (Ex Barnabiti)

Palazzo SGermano

 

Costruito tra il 1879 e il 1884, circondato da un ampio parco, fu sede della "Scuola Apostolica Venerabile Castelli" dei Padri Barnabiti. Nel salone delle feste custodisce lo splendido affresco di Giuseppe Sciuti “L’Aurora”.


Il Cortile "Farnese" in Arpino

 di Giuliana Maggiani e Abramo Tancredi Fossi

 

E' uno dei "luoghi storici" dell' Arpino medievale. Si trova in via Battiloro 13, già via S. Rocco. Era una delle strade che collegava direttamente il quartiere Civita Falconara con la Chiesa di S.Rocco, quando ancora le mura ciclopiche di via Caio Mario non erano state tagliate per consentire il passaggio del corteo di re Ferdinando IV di Borbone in visita al lanificio dei Ciccodicola, situato nel Castello di re Ladislao D'Angiò Durazzo.

Datato intorno all'anno mille, è parte di un antico edificio costruito sulle mura ciclopiche che fu palazzo signorile o monastero.

Forse abitato dai Dell' Isola, Pietro e Roffredi, zio e nipote entrambi abati di Montecassino in epoche successive ( 1173-1186). E' un cortile molto particolare poiché in esso si trovano i resti di numerose sovrapposizioni storiche. Nell'arco di ingresso romanico-borgognone, è posto in basso a sinistra un masso squadrato di pietra bianca compatta, nella parte alta dalla quale si intravede un'iscrizione latina. Studi e rilievi condotti da una laureanda dell'Università di Perugia coadiuvata da un professore esperto nel settore archeologico dell'Universiotà di Roma, ha fatto datare l'iscrizione intorno al II sec. a.C. (periodo di Caio Mario), in quanto presenta la lettera M con le aste divaricate, tipiche di quel tempo.

Nella iscrizione sono citati due nomi: Lucio - forse il nome del proprietario dell'edificio cui apparteneva la pietra - e il nome del Dio Apollo; poiché la nostra chiesa di S. Michele risulta costruita su un antico tempio dedicato al dio Apollo e alle nove Muse, la scritta è stata ritenuta pertinente.
 
La pietra rappresenta parte di un donario dedicato alla divinità. L'arco borgognone, tipico dell'alto Medio Evo,è stato costruito utilizzando due tipi di materiale diverso: la parte più bassa è in pietra viva compatta, dello stesso tipo della pietra del donario, l'altra di tipo arenaria lavorata in un periodo più recente. Sul portale domina lo stemma dei Farnese, unica testimonianza della presenza di questa famiglia nel sud laziale; sei gigli disposti su tre file  (3+2+1), classificato con precisione solo nel 1983. Manca al di sopra dello stemma la corona nobiliare, sicuramente collegata con perni in ferro ancora esistenti.
 
A tutt'oggi rimane sconosciuta la motivazione della presenza di questa potente famiglia nell'ambito arpinate; forse legata al Vescovo De Theodinis, legato pontificio presso Papa Paolo III Farnese nel XVI secolo. All'interno del prezioso cortile, si ammira un elegante chiostro in pietra viva realizzato dagli scalpellini dell'epoca, formato da archi a tutto tondo sostenuti da colonne bizantine, (ciò sostenuto da un professore dell'università di Roma che insieme al suo assistente effettuavano uno studio per l' Abbazia di Casamari nel 1980, meravigliandosi anche della presenza dello stemma Farnese nel basso Lazio).
 
Le colonne rotonde alte metri, con una circonferenza di     hanno la base quadrata, si arrotondano e ritornano squadrate, si allargano e formano quattro spicchi in ognuno dei quali è scolpito una foglia ogivale. Delle sette colonne, quattro sono originali, le altre sono state sostituite con colonne quadrate di mattoncini rossi e rivestite di intonaco, forse cadute a causa di terremoti o devastazioni medievali.

Delle colonne mancanti, una spezzata si trova nell'orto contiguo ed è stata utilizzata come base di un tavolo di cemento. L'altra è stata rilevata tra le molteplici e varie colonne che formano la cripta dell'Abazia di San Domenico di Sora ed è  posta in modo capovolto rispetto a quelle presenti nel chiostro arpinate.
 
Due scalinate in pietra fiancheggiano il muro di accesso, una in buone condizioni l'altra sconnessa e dissestata conduce alle varie abitazioni; all'interno del cortile acciottolato, si trova un pezzo di forma quadrata.
 
 

 


E ancora..

ImageOltre le tre principali, nel centro di Arpino, molte sono le chiese degne della nostra attenzione. Non a caso esse, spesso, presentano caratteri stilistici barocchi e settecenteschi proprio perché costruite o restaurate nel secolo di maggior benessere e ricchezza di questa industre città. Proprio all'ingresso della cittadina si trova la chiesa della Madonna delle Grazie. Di essa si ha notizia storica per il patto del 1463 firmato fra il Papa Pio II Piccolomini, gli Aragonesi e gli Angioini proprio "in Ecclesiae Sanctae Marie Graziarum extra muros terre Arpini". Fu poi ristrutturata nel XVIII sec.  Una larga scalinata porta al pronao, che dà importanza e ariosità all'insieme.


Proseguendo verso la piazza e attraversatala troviamo la chiesa dei Santi Carlo e Filippo: chiesa settecentesca alla quale era annesso il collegio di S. Carlo, affidato da Desiderio Merolle ai Padri Barnabiti. Fu, dunque, il primo nucleo di quel centro di cultura che determinerà la nascita del Collegio Tulliano nell'ex monastero delle Cappuccinelle, con annessa la chiesa della Santa Croce del sec. XVII.


Su via dell'Aquila Romana, S. Domenico, di stile barocco, non più consacrata, accoglie il Museo della Lana . Proseguendo si arriva al quartiere Ponte dove è la chiesa di S. Antonio di Padova, di origine trecentesca. Vi si accede con una grande scalinata. Restaurata e riconsacrata nel 1727, dopo la distruzione del terremoto del 1654, oggi si presenta anch'essa con l'interno in stile barocco. Un Crocifisso dello Stolz e una tela del Cavalier d'Arpino, raffigurante la vestizione di S. Antonio, sono custoditi in questa chiesa.


ImageSulla rocca di Civita Falconara, visibile anche da molto lontano, nei pressi del Castello di Ladislao, sorge la chiesa della Madonna di Loreto. Edificata sulle rovine di una torre poligonale dell'antica cinta di mura, presenta un'abside ottagonale. Custodisce due grandi pitture del Cassevano (sec. XVIII), raffiguranti con gusto popolare e dovizia di particolari la traslazione dalla chiesetta di S. Sebastiano del dipinto della Madonna di Loreto e il ricordo dei Padri Francescani che piantano la Croce a Pizzo Falcone.

Sullo sfondo dei dipinti viene rappresentato il vicino Castello prima dei rimaneggiamenti. Sull'altare centrale, il dipinto de La Madonna di Loreto con la santa casa trasportata dagli angeli. Legata a questa chiesa è la tradizione della vendita di piccole campanelle di terracotta beneauguranti in ricordo di un antico avvenimento. Sembra, infatti, che quando la Madonna fu qui traslata, tutte le campane di Arpino suonassero spontaneamente.


Realizzata su un torrione della muraglia è la chiesa di S. Rocco. Non possiamo dimenticare la piccola chiesa subito fuori la solenne Porta Saturno di Arpino detta la Madonna del Riparo o S.Giuseppe alla Parata. Se all'esterno essa può apparirci una modesta cappella di campagna, all'interno abbiamo la sorpresa di trovare una vera chiesa cinquecentesca che custodisce opere quali un Crocifisso dello Stolz e una deliziosa statuetta in alabastro, copia originale della Madonna di Trapani del 1400. Particolare della chiesina è il portico antistante l’'ngresso, sotto il quale l’antico viandante passava mentre si accingeva al periglioso viaggio attraverso i monti.

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La religiosità e la fede degli abitanti di Arpino è attestata dalla presenza nel suo territorio di tanti luoghi di culto, costruiti nel corso dei secoli. Agli albori del sec. XI, dal centro religioso di Montecassino s'irradiarono piccoli insediamenti monastici nello spirito della Regola benedettina "Ora et Labora".

Queste comunità religiose costruirono chiesine campestri sui terreni donati dagli abitanti del luogo all'Abbazia di Montecassino. Erano veramente molto numerose, ma di esse ne sono giunte fino a noi, oltre S. Andrea, solamente due: S. Amasio (sec. XII) nei pressi di Montenero dove sorgeva anticamente un tempio romano e S. Lucia nel Vallone di Arpino, oggi completamente rimaneggiata, ma del nucleo originario si intravvede ancora il pronao dell'ingresso laterale, che ha sul portale una lunetta affrescata con l'immagine della Santa.


Di altre prepositure, quali S. Altissimo e S. Martino  restano nei luoghi solo i toponimi dati alle contrade dove sorsero.
Non prepositura benedettina, ma ugualmente antica, è la chiesina di S. Sebastiano di cui si trova notizia nella Rationes decimarum (collettorie papali) già nel sec. XIII.

Recentemente, nel 1981, è stata restaurata. Nell'interno, dietro l'altare, ammiriamo un ciclo di affreschi. Di questi Il San Domenico di Guzman e  Il San Sebastiano trafitto (con la più antica raffigurazione della città di Arpino sullo sfondo) sono sicuramente del pittore  Ambrogio da Ferentino e datati al 1498.

Il San Sebastiano con un Angelo che stacca una freccia è invece di più tarda epoca (forse del 1700/1800). Bella è La Madonna del latte, che interpreta una devozione comune a molti paesi della Ciociaria. Per finire, sulla parete di destra, un'altra raffigurazione del Martirio di San Sebastiano.

Fuoriporta e il Quartiere Arco

Il Quartiere ArcoDalla Piazza Municipio, costeggiando il complesso del Tulliano, si percorre Via Giuseppe Cesari e si giunge, sulla sinistra, al Piazzetta intitolata a S. Francesco Saverio Maria Bianchi. La statua bronzea del Santo barnabita, nato ad Arpino nel 1743, risale al 1977 ed è opera dell'artista Pietro Giambelluca.
 
Dalla balconata retrostante il monumento si può ammirare un notevole panorama suggestivo del quartiere Civita Falconara e delle mura ciclopiche. Proseguendo, si incontra sulla destra il palazzo secentesco che fu residenza del pittore Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d'Arpino (1568-1640).

Agli inizi del Novecento, per permettere un migliore accesso in città, tutta l'ala esterna dell''edificio venne abbattuta, insieme all'antica porta nord che si apriva nella cinta muraria. Tuttavia ancora si può osservare lo stretto passaggio, situato al pianterreno del palazzo, che prima costituiva la via d'ingresso in Arpino.

Casa del Cavalier d'ArpinoDi fronte alla casa del celebre pittore, dal lato opposto della strada, si diparte il tracciato dell'antica Via Latina che scendeva verso il Vallone (dove sono visibili, in contrada Stazione, resti dell'originaria pavimentazione risalenti al I-II sec. a.C.) per congiungersi poi alle vie consolari.

Siamo nella zona nota come "Fuoriporta", vera e propria porta d'ingresso alla città. Il lungo e alberato Viale Belvedere, che da qui si snoda, è un abituale ritrovo per le passeggiate degli Arpinati. Dal viale si può godere  uno spettacolare panorama sulla vallata (il "Vallone") e sui colli circostanti, sullo sfondo dei Monti Lepini ed Ernici.
 
Affacciandosi dalla terrazza panoramica, è possibile individuare, seminascosto dalla vegetazione, il rudere di un monumento funerario romano, che la tradizione popolare identifica con la tomba di Saturno, il mitico fondatore della città. Accanto ad esso sorgeva una chiesetta, i resti della quale sono ancora in parte distinguibili, denominata in dialetto "la cona del monumento", e dedicata a S. Apollonia.
Sul lato opposto della strada sono esposte le sculture in ferro opera del grande artista contemporaneo Umberto Mastroianni .

Al principio del Viale una scalinata conduce all'ingresso della raccolta e suggestiva Chiesa della Madonna delle Grazie . La facciata, ariosa e classicheggiante, presenta un ampio pronao sovrastato da tre finestroni.
A destra della chiesa, una rampa in acciottolato conduce verso la Via Arco Torrione. Si percorre la strada per giungere all'ingresso del quartiere Arco. Sulla sinistra, notiamo il grande complesso del settecentesco Istituto S. Vincenzo de' Paoli.

Porta dell'ArcoSituato a nord, il Quartiere Arco si arrampica sulle pendici della collina che sovrasta il centro storico.
 
L'impianto abitativo, sorto a ridosso del tracciato delle mura ciclopiche che scendeva dall'Acropoli verso la città,  ha mantenuto le caratteristiche medievali: un dedalo di vicoli e gradinate spesso scavate nella roccia viva, sviluppatosi attorno ad alcuni antichi percorsi che collegavano il centro con l'Acropoli.
 
Un quartiere che, pur nell'asperità della sua struttura, sa offrire al visitatore che vi si avventuri scorci pittoreschi e splendidi panorami.

Iniziamo la nostra visita partendo dalla Porta dell'Arco (che sostituisce quella più antica che si apriva nella cinta muraria in opera poligonale, accanto ad un antico torrione. Essa era rivolta a nord ed era detta anche Porta Romana. Fu demolita nel 1900).
 
Oggi le mura poligonali e le opere difensive appaiono inglobate nel tessuto abitativo. Si percorre la stretta Via Marco Agrippa, dalla quale si diramano molti vicoli. A destra, l'antica Via Maiura (via Maior), una ripida scalinata che congiunge il quartiere con la via Giuseppe Cesari.

Proseguendo per Via Marco Agrippa, si giunge alla Salita dell'Arco, dove si apre un'ampia scalinata che collega la strada con la sottostante Piazza Municipio. Sulla destra, la casa natale di Giuseppe Polsinelli, patriota e deputato del Regno d'Italia, e il campanile (per gli Arpinati "gl campanare") della Collegiata di S. Michele Arcangelo, innalzato sulla roccia viva, dalla caratteristica cella campanaria "a cuspide" di foggia napoletana.
 
A sinistra si inerpica la Via Greca, citata anche da Cicerone quale percorso di collegamento con l'Acropoli, e così denominata perché con ogni probabilità costruita da schiavi greci. Sempre sulla Via Marco Agrippa, al civico 93, Palazzo Antenangeli, sorto sui resti di un edificio romano.
 
Si torna indietro al "campanaro" per ridiscendere verso Piazza Municipio

Via Aquila Romana

Tratto del Decumanus in Via Aquila RomanaDalla porta del Ponte si risale il Corso Tulliano per imboccare, a destra, il suggestivo percorso di via dell' Aquila Romana. E' questo il tracciato dell' antico Decumanus romano, l'asse viario più importante della città, che tagliava l'abitato da est a ovest.

Ha conservato a lungo la sua funzione di strada principale fino all'inizio del Novecento, quando venne realizzato il più spazioso Corso Tulliano. Ancora oggi, gli Arpinati la chiamano familiarmente "via vecchia", per distinguerla dal Corso.

Ingresso del Museo delle LiuteriaTracce di pavimentazione romana sono oggi visibili all'altezza della Chiesa di S. Domenico, sconsacrata, che  ospita il Museo dell'Arte della Lana .

Proprio di fronte alla chiesa, si scorge un portale ad arco gotico, probabile ingresso di una bottega medievale, a testimonianza delle diverse sovrapposizioni urbanistiche ed edilizie che contraddistinguono l'impianto abitativo esistente attorno alla Via, fatto di vicoli, rampe e viuzze.

Eleganti edifici secenteschi e sette-ottocenteschi si affacciano sulla Via dell'Aquila Romana con i loro portali in pietra, spesso adorni di fregi e di stemmi opera di scalpellini locali, alcuni dei quali particolarmente pregevoli.

Sotto la Via, corre il tracciato sotterraneo dell' antica Cloaca Massima di epoca romana, risalente al I sec. a. C.  In realtà, tale opera pubblica corre nel sottosuolo di Arpino lungo tutto l'asse est-ovest dell'antico decumano (da Fuoriporta fino alla Porta del Ponte), ma all'altezza di via dell'Aquila Romana essa è venuta alla luce nelle fondamenta di alcuni dei palazzi signorili che si affacciano numerosi sulla storica strada.

Corso Tulliano e il Quartiere Ponte

Il Quartiere PonteDalla piazza Municipio, imboccata la Via del Liceo, svoltiamo a sinistra e imbocchiamo il Corso Tulliano, la via principale del centro storico. Realizzata nel 1884, essa poggia su di un sistema di arcate (le "volte adibite in parte a mercato coperto.

A destra, incontriamo la casa natale del musicista Carlo Conti, maestro di Vincenzo Bellini. A sinistra, uno spiazzo, sul quale si affaccia il Palazzo Comunale, ospita il Monumento ai Caduti (1927), opera dello scultore arpinate Domenico Mastroianni.

Subito dopo, ci si imbatte nell'elegante facciata del Palazzo Quadrini-Borromeo, risalente alla seconda metà dell'Ottocento, che ospita la sede del Circolo Tulliano, associazione culturale e mondana attiva in città dal 1886.


Più avanti, il Palazzo Merolle-Felluca, pervenuto al Comune nel 1998 per lascito dei proprietari, accoglie la Biblioteca Comunale e il Museo della Liuteria .

Monumenti ai Caduti

Sul lato destro del Corso, in posizione isolata, sorge il massiccio complesso del Palazzo Sangermano,   costruito tra il 1879 e il 1884 e circondato da un ampio parco digradante verso il corso del torrente Reviéte. Dal 1923 al 1976 fu sede della "Scuola Apostolica Ven. Castelli" dei Padri Barnabiti . Successivamente divenne di proprietà comunale.

Il Corso termina con la Porta del Ponte, rifacimento medievale dell'antica Porta sud. A sinistra della Porta, le Gradelle Torrione si arrampicano verso il quartiere Colle, costeggiando il torrione medievale un tempo inserito nel circuito murario. E' visibile anche l'edicola con l'affresco di San Cristoforo: una sorta di "viatico" per il viandante che si apprestava a lasciare Arpino.

La denominazione "Ponte", estesa al quartiere, deriva dalla esistenza sul posto,  di un ponte di epoca romana sul torrente Reviéte. La presenza del corso d'acqua ha determinato a lungo la vocazione manifatturiera di questa zona: mulini, concerie e frantoi erano numerosi, ed ancora oggi si possono vedere i fabbricati che li ospitavano.


Dopo la Porta del Ponte e la piazza Gioacchino Conti inizia la via Vittoria Colonna. Subito sulla sinistra incontriamo un'altra pagina del "Libro di Pietra". Di seguito si apre la scalinata che conduce alla barocca Chiesa di S. Antonio di Padova .

Proseguendo, sempre a sinistra, incontriamo un grande edificio in pietra che sino alla fine dell'Ottocento fu sede del lanificio Sangermano, uno dei più importanti della città. La struttura, oltre alla fabbrica vera e propria, comprendeva anche gli appartamenti dei lavoranti. La costruzione conserva ancora oggi tracce della sua antica vicenda. Attualmente essa ospita l 'Albergo  "Cavalier d' Arpino", ed è in parte occupata da abitazioni private.