Sul luogo dove oggi sorge la Chiesa di S. Maria di Civita, un tempo si ergeva un tempio pagano, dedicato a Mercurio Lanario, protettore della lavorazione della lana, che era l'attività principale del centro romano della Civitas Falconara. Una torre follonica, poi divenuta base dell'odierno campanile, e una lapide rinvenuta nel pavimento del recinto sacro attestano questa continuità.
La lapide, oggi murata sulla facciata della Chiesa, così recita: "R.UM-SACRUM-TRI-MERCURIO-LAN-CILIX-TULLI-L.S.-TEPA-PRAECIAE-S-PHILOTIMUS-PERFIC."
Le persone indicate (Cilix-Tepa-Filotimo), che probabilmente fecero erigere questo tempio, erano storicamente legate alla famiglia di Cicerone. Del tempo romano sono pure il fregio sui blocchi poligonali del campanile con figure simboliche (non visibile), la lapide che ricorda la ricostruzione delle torri da parte del console Acerronio e quella che indica il restauro del tempio a cura di tre edili (Sacrestia).
Nei primi anni del Cristianesimo, dunque, sorge qui S. Maria di Civita e la prima notizia le abbiamo da un documento di donazione firmato nel 1038 proprio dentro la chiesa di "S. Maria de Arpino". Qui si venerava una tavola antichissima della Regina degli Angeli, detta la Madonna della Civita, quadro distrutto nel periodo delle incursioni barbariche. Dice Serafino Montorio nello Zodiaco Mariano che "questa chiesa al tempo dei Goti patì lagrimevole incendio e solamente restovvi intatto dalle fiamme un Martirologio in pergamena manoscritto con caratteri longobardi in cui leggesi la consacrazione della chiesa sotto il titolo dell'Assunta".
Oltre questo documento della fine del XIII sec., che riporta a margine iscrizioni di fatti storici e fenomeni tellurici locali, sono conservati nella chiesa anche gli Antifonari "membranacei" del sec. XIV.
Riconsacrata agli inizi del 1300, S. Maria della Civita fu quasi completamente rifatta in stile tardo barocco alla fine del sec. XVIII e poi ancora arricchita nel corso del 1900.
L'interno della chiesa è a tre navate, a croce latina. Un'ariosa cupola dà luminosità e ampiezza alla navata centrale. Desta ammirazione la cappella della Vergine Incoronata, le cui pareti sono rivestite di marmi. In essa è custodita la statua lignea dell'Assunta, scolpita a tutto tondo in un tronco di cedro del Libano.
Nei secoli bui del Medioevo sembra che fosse traslata, per meglio difenderla dalle incursioni barbariche, nella rocca di Montenero, fortilizio naturale tra Arpino e Santopadre, dove, in caso di emergenza, trovavano rifugio gli abitanti della città. L'atteggiamento rigido e l'espressione ieratica della Madonna sono tipici dell'arte fiorita intorno al Mille.
Oggi si presenta rivestita da un ricco paludamento settecentesco e in Suo onore il 15 agosto si svolge in Arpino una solenne processione. Anche in questa chiesa ammiriamo due tavole del Cavalier d'Arpino: San Giovanni e San Giuseppe (in Sacrestia), oltre la maestosa figura del Padre Eterno nella cupola.
Ad un seguace del Caravaggio viene attribuita una tela ad olio di San Girolamo e sono di scuola romana del XVIII sec. il San Giacomo che ascende in gloria (navata sinistra), l'Annunciazione (lato sinistro del transetto), il Sogno di San Giuseppe (lato destro del transetto). Ai lati della sacra cappella, nell'abside, le statue di San Pietro e San Paolo sono dell'artista arpinate Mariano Pisani, che per queste opere conseguì nel 1919 la medaglia d'oro all' Esposizione di Arte Sacra. Sulle finestre della navata centrale sono installate dieci artistiche vetrate. Cotte a gran fuoco, istoriate con figure, decorate a simboli, legate a piombo, sono state realizzate su disegni del prof. Luciano Bartoli.
Altre due belle vetrate si ammirano nel restaurato Battistero. L'artistico frontale dell'organo, scolpito e dorato, viene dalla tradizione attribuito allo Stolz, ma più verosimilmente è opera di un autore ignoto, ebanista laziale, del sec. XVIII. Dello Stolz è invece sicuramente la macchina su cui poggia il simulacro della Vergine, un tempo ornata di Angeli che purtroppo sono stati rubati. Entrando a destra, una lapide ricorda la visita che fece in questa chiesa Carlo III di Borbone nel 1749.