Pasquale Rotondi

Informazioni Utili Nato: 1909 ad Arpino - Morto: 1991 a Roma


pdf64 2018 PASQUALE ROTONDI PITTORE


VITA: Nel 1928 si iscrisse presso l’Università di Roma ed iniziò a seguire i corsi del professore Adolfo Venturi. Si laureò nel 1932 con Pietro Toesca con una tesi su Pietro Bernini. Dal 1933 al 1936 lavorò presso la Soprintendenza di Ancona e successivamente diresse la Galleria Orsini a Roma.

Essendo ormai imminente la guerra e nel timore delle razzie tedesche, nel 1938 fu incaricato dal ministro Bottai e da Giulio Carlo Argan di individuare un luogo dove custodire il patrimonio artistico italiano. Tra il 1939 ed il 1949 tornò nelle Marche con l’incarico di Soprintendente, ma visse ad Urbino dove insegnò storia dell’arte presso l’università e si dedicò al riordino del Palazzo Ducale.

A partire dall’inverno del 1939 il governo attivò il piano d’emergenza per la salvaguardia del patrimonio artistico con il nome di “Operazione Salvataggio”, mentre l’incarico fu affidato a Rotondi, allora trentunenne, poco prima dell’entrata in guerra dell’Italia. Egli aveva il compito di coordinare queste attività, a lui facevano capo anche altri soprintendenti di Roma, Venezia e Milano.

L’impresa era nata principalmente per salvaguardare il patrimonio dai bombardamenti nemici, ma anche a titolo precauzionale, contro i saccheggi nazisti. Già dal 1938 Hitler aspirava ad accaparrarsi molte opere d’arte italiane e lo stesso Mussolini, per compiacere l’alleato tedesco, gli donò un numero considerevole di capolavori della pittura rinascimentale italiana.

Nel settembre del 1943 fu istituita dai tedeschi una struttura amministrativa denominata Abteilung Kunstschutz (letteralmente: reparto di protezione dell’arte). Ufficialmente questo organismo aveva la finalità di proteggere il patrimonio storico-artistico, ma il risultato fu che trafugò molti oggetti di rilevante valore storico e materiale librario.

Nel valutare i caratteri di sicurezza dei siti che dovevano ospitare i beni artistici, Rotondi tenne in considerazione la lontananza da possibili bersagli militari (ferrovie e nodi di scambio, centri abitati, centri militari etc.) e la robustezza delle strutture. Fu scelta, a tal proposito, la Rocca di Sassocorvaro, presso Montefeltro. Per maggiore sicurezza, la struttura fu dotata di muri antischegge e anticrollo e di un impianto antincendio, furono chiuse le porte e le finestre e realizzato un sistema di allarme.

Le opere cominciarono ad essere portate nella Rocca dal 6 giugno 1940, come ricordava tempo fa lo stesso Rotondi, all’interno di una vecchia Balilla. Giunsero qui dapprima le opere da Urbino (La Flagellazione e la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca, la predella del Corpus Domini di Paolo Uccello), da Ancona (due tele di Tiziano e del Crivelli) e da Jesi. Ad ottobre iniziarono a confluire anche le opere provenienti da Venezia, tra cui sono da ricordare La Tempesta di Giorgione ed i quadri di Mantegna, Tintoretto, Tiepolo, etc. Questa operazione fu fin dall’inizio vincolata alla segretezza e per coprire i movimenti degli addetti ai lavori, il rifugio venne definito “il Ricovero”.

Ben presto lo spazio per collocare queste opere si esaurì: si contarono all’interno della Rocca 6509 pezzi, inviati anche da Roma e Milano, da quanti (sovrintendenti, vescovi e studiosi) volevano mettere in salvo le proprie opere. Rotondi fu nella necessità di trovare altri luoghi sicuri: quelli più adatti allo scopo furono il Palazzo dei Principi di Carpegna, nel Montefeltro, e presso il Castello di Urbino. Un momento critico fu quando i tedeschi, in ritirata, si rifugiarono nella Rocca di Sassocorvaro.

Un ulteriore atto meritorio del prof. Rotondi fu quello di aver protetto, in tale occasione, le opere d’arte sia dai bombardamenti che ne seguirono sia dall’avidità del reparto tedesco.

In ricordo di questo episodio, nel 1999 il giornalista Salvatore Giannella ha scritto il libro "L'Arca dell'Arte", in collaborazione con lo storico pesarese Pier Damiano Mandelli. Allo stesso argomento Giannella ha dedicato la sceneggiatura del film documentario per Rai Educational - La storia siamo noi  "La lista di Pasquale Rotondi", che ha vinto il premio della Presidenza della Repubblica all'Art Doc Film Festival di Roma 2005 come «miglior film dedicato all'arte italiana». Giannella è ideatore del progetto "Arca dell'Arte" e coordinatore della giuria del Premio Rotondi.

Pasquale RotondiNell’immediato dopoguerra, negli anni tra il 1949 ed il 1961, il prof. Rotondi ricoprì la carica di Soprintendente di Genova e si dedicò all’insegnamento della Storia dell’arte presso l’università. È di questo periodo la pubblicazione dei volumi sul Palazzo Ducale di Urbino, a cui seguirono i volumi della Storia dell’arte italiana.

Dal 1961 diresse l’istituto centrale del Restauro a Roma, ricoprendo una posizione attiva durante l’emergenza nata dall’alluvione di Firenze. Nel 1974 arrivò la nomina del Vaticano a consulente per il restauro della Cappella Sistina.

A buon ragione Rotondi viene a tutt’oggi definito come lo “Schindler delle opere d’arte” o “della bellezza” ed il “Perlasca dell’arte”, ma per oltre quarant’anni dell’impegno di quest’uomo non si seppe più nulla. Nel 1984 l’allora sindaco di Sassocorvaro, Oriano Giacomi raccolse la testimonianza di un abitante del posto, che ricordava di aver aiutato questo professore a trasportare le casse di quadri che arrivavano continuamente alla rocca del paese.

Lo stesso Giacomi, dopo aver raccolto alcune testimonianze, si mise sulle tracce di Rotondi, rintracciandolo a Roma, dove aveva assunto l’incarico del restauro della Cappella Sistina.

Questa è la descrizione dell’incontro così come riportato nel sito http://www.lastoriasiamonoi.rai.it . Oriano Giacomi lo raggiunge al centro della piazza e lo ferma timidamente: «Mi scusi, - azzarda - e’ lei il professor Pasquale Rotondi ?  Al che il professore si ferma incuriosito “Si’ - risponde - e lei chi è ?”. “Sono il sindaco di Sassocorvaro”, afferma Giacomi con un sospiro. Rotondi lo guarda per un attimo pensieroso, poi si apre in un sorriso e dice: “Era ora che vi ricordaste di me”».

Da questo momento in poi ottenne molti riconoscimenti dalle città italiane e dallo stato, tra cui la cittadinanza onoraria da parte di Urbino nel 1986.Morì a Roma il 2 gennaio del 1991

 

 

 


Marco Tullio Cicerone

Informazioni Utili Nato: 106 a.C. ad Arpino - Morto: 43 a.C  a Formia

Marco Tullio Cicerone

Marco Tullio Cicerone nacque nel 106 a.C. in territorio di Arpino, da famiglia equestre nella villa paterna alla confluenza del Liri col Fibreno e sempre si considerò un puro Arpinate, quasi continuatore del grande conterraneo Mario.

Nell’'orazione Pro Plancio esprime vivo l’'attaccamento viscerale alla sua terra di origine quando ricorda quale affetto leghi gli arpinati fra di loro e con quale partecipazione questi seguano le sue vicende politiche. Lì, sui monti dei Volsci, aggiunge, è la forza d'’Italia, perché vi si conservano gli antichi constumi, senza malevolenze, senza finzioni, e conclude: “"La nostra patria è rozza e montuosa ma semplice e fedele”."  E nel momento del suo esilio indica alla moglie Terenzia, quale rifugio sicuro, la villa di Arpino, e al suo unico figlio egli darà la toga virile non in Roma, ma nel foro dell'’antica città volsca.

Cicerone ben presto fu inviato a Roma dove studiò Retorica e Diritto, ma anche Filosofia e Lettere e completò la sua preparazione ad Atene e a Rodi.
Il suo cursus honorum iniziò nel 76 a.C. con una rapida e inarrestabile ascesa: fu questore nella Sicilia orientale, poi edile curule, pretore nel 66 a.C. e console nel 63. La sua oratoria robusta ed euritmica gli aveva aperto la strada alle affermazioni politiche.

Nel periodo turbolento che viveva la Repubblica dei suoi tempi, Cicerone fu personaggio controverso: ora acclamato pater patriae, dopo aver sventato la congiura di Catilina, ora esiliato per la vendetta di Clodio. In bilico fra il vecchio ed il nuovo fu incerto nello schierarsi, ma se la sua fede politica sembra mutare, sempre costante fu la sua fedeltà ai valori morali e alla Repubblica.

Nella lotta fra Cesare e Pompeo si schiera con Pompeo, ma dopo Farsalo si riavvicina a Cesare. Le Idi di Marzo lo trovano dalla parte dei tirranicidi e con le Filippiche si scaglia contro Antonio. Quando questi si accorda con Ottavio, Cicerone capisce che la sua ora è suonata.  E allora tutto, indecisione, incertezza, opportunismo, fu riscattato dalla sua morte affrontata consapevolmente, anzi cercata, e alte suonano le parole della seconda Filippica: " “Ed ora per me, o Senatori, la morte rappresenta un desiderio... Una sola cosa desidero: di lasciare libero, morendo, il popolo romano. Niente di più bello può essermi concesso dagli dei immortali "”. Infatti raggiunto a Formia dai sicari di Antonio, gli fu troncata la testa che egli aveva sporto dalla lettiga. Era il 7 dicembre del 43 a.C.


Le Verrine, le Catilinarie, le Filippiche furono i momenti più alti della sua oratoria; il De legibus, il De officiis, il De republica, le Tuscolanae sono l’'espressione del Cicerone pensatore, studioso, interprete dell’'anima latina. Le Epistolae, infine, sono il documento che ci rivela l’'umanità, l’'inquietudine, i dubbi e le angosce dell'’uomo Cicerone.

Caio Mario

Informazioni Utili Nato: 156 a.C. a Casamari (all'epoca terriorio di Arpino ) - Morto: 86 a.C  a Roma


Statua di Caio MarioErano appena passati trent’anni dalla promulgazione della lex Valeria, con la quale Arpinum, per la sua lunga fedeltà a Roma, era stata innalzata a Municipium con intera cittadinanza, quando nacque nel suo territorio, in Cereatae, Caio Mario.

Era il 156 a.C. Nato da oscura famiglia, ancora legata ai parsimoniosi e duri costumi degli agricoltori latini, Mario non ebbe modo di avvicinarsi alla cultura romana né tantomeno a quella greca. Ma il suo coraggio e le sue doti militari lo imposero all’attenzione di Scipione l’'Emiliano durante il suo servizio in Spagna, che lo indicò suo degno successore. Con l’'aiuto della gens Metella divenne tribuno della plebe e durante questa carica rivelò le sue simpatie per la causa popolare.
Malgrado le ostilità degli Ottimati, fu chiamato da Cecilio Metello quale legato al suo campo in Africa nella guerra giugurtina.

I suoi successi militari, il favore delle soldatesche con le quali aveva diviso i disagi e le rinunzie, l’'aiuto di alcuni ambienti romani gli aprirono la via alla massima carica: il consolato e, di conseguenza, al comando dell’esercito in Numidia.

Con energia e rapidità la guerra fu conclusa e Giugurta condotto a Roma in catene. Per cinque volte consecutive, eccezionalmente, Mario fu rieletto Console (104 - 100 a.C.) perché Roma volle affidare al suo miglior capitano la difesa della patria contro i Teutoni e i Cimbri che ne minacciavano le frontiere. Con l’'esercito da lui riformato tatticamente e socialmente, sotto l'’insegna dell’'Aquila, che volle simbolo delle legioni romane, i Germani furono definitivamente sconfitti ad Acquae Sextiae (Aix en Provence) e ai Campi Raudii.Caio Mario

All’'apogeo della sua gloria, Mario non dimenticò la sua patria d’'origine e disponendo della Gallia cisalpina come terra di conquista, donò ad Arpino quei territori le cui rendite servirono a mantenere i templi e gli edifici pubblici della città. Nell’'etimologia della Camargue ritroviamo, infatti, il ricordo di Mario (Caii Marii Ager).

Quale uomo politico Mario non ebbe la stessa fortuna. Appoggiò il programma popolare, fu l’idolo della plebe ma, venuto a contrasto con l’'aristocratico Lucio Silla, sostenne una sanguinosa lotta civile con varie vicende che lo portarono fino all'’esilio in Africa. Richiamato, fu console per la settima volta come avevano presagito ripetuti vaticini, tra i quali quello dei sette aquilotti trovati vicino alla sua culla, di cui ci racconta Plutarco.

Pochi giorni dopo il conferimento del consolato Mario, colpito da febbre, morì. Era l’'86 a.C.

 

 


Giuseppe Cesari - Il Cavalier d'Arpino

Informazioni Utili Nato: 1568 ad Arpino - Morto: 1640 a Roma


Il Cavalier d'ArpinoGiuseppe Cesari
nacque in Arpino nel 1568 da povera famiglia che nel 1582 si trasferì a Roma. Qui l’'adolescente Giuseppe cominciò a lavorare come garzone di bottega nella decorazione delle Logge Vaticane.

Le doti naturali, forse l’'insegnamento del padre, pittore anch’egli ma di nessuna rilevanza, e l’'atmosfera artistica che respirò a Roma, determinarono l’'inizio della sua fortunata carriera di pittore.
Negli anni della sua formazione aveva assimilato il gusto manieristico diffuso nel tardo Cinquecento da Taddeo Zuccari. Abile nell’'affresco, elegante nelle forme, ricco di inventiva, il Cesari non tardò ad affermarsi nel mondo artistico. Già nel 1586 viene ammesso alla “Congregazione dei Virtuosi del Pantheon”. 


Lavorò nel Palazzo del Cardinale Sartori, capo dell’'Inquisizione, e nelle chiese di Trinità dei Monti, di S. Silvestro al Quirinale, di S. Lorenzo in Damaso. Passò, poi, a Napoli per affrescare il Sancta Sanctorum della Certosa di S. Martino,  lavoro completato dal fratello Bernardino.

L’'elezione di Clemente VIII a Pontefice e la sua protezione determinarono per il Cavalier d'’Arpino il momento più fecondo e rilevante della sua vita artistica. Tra tante altre opere, dipinse il ciclo di affreschi della Sala dei Conservatori in Campidoglio e l’'Ascensione di Cristo in S.Giovanni in Laterano. Sopra i suoi cartoni furono condotti i mosaici della Cupola di S. Pietro e in S. Maria Maggiore affrescò la Cappella Paolina.


Tra i riconoscimenti allora tributatigli il più prestigioso fu quello di Principe dell’'Accademia di San Luca. Dopo un periodo triste (fu addirittura imprigionato), riprese la sua produzione. Le opere dell'’ultimo periodo sono più raccolte, quasi velate di malinconia ed escludono la retorica barocca che si va affermando.

Nel 1615-20 fece costruire ad Arpino, all'’ingresso della cittadina, il Palazzo che abitò durante i suoi soggiorni nella città natale. Qui, questo figlio di Arpino dipinse numerose opere di soggetto religioso che ammiriamo nelle chiese delle città. Lasciò morendo nel 1635 (-40) incompiute molte opere. Freschezza, cromia, espressione decorativa fuono le qualità della sua pittura che nel corso degli anni si era andata affrancando dal formalismo manieristico. Numerosi furono i suoi allievi e tra essi grandeggia il Caravaggio.

Le arti figurative hanno trovato in Arpino esponenti di rilievo: oltre al Cavalier d’'Arpino, il fratello di lui, Bernardino Cesari, anch’egli pittore di una certa fama;  lo scultore Domenico Mastroianni (1876-1962), capostipite di una grande famiglia di artisti: il figlio Alberto, scultore e caricaturista, il nipote Umberto, scultore di fama mondiale, il pronipote Marcello, grande ed indimenticato attore, l’'altro pronipote Ruggero, apprezzatissimo montatore cinematografico.

Mastroianni fu attivo a Parigi, dove realizzò una importante serie di bozzetti in creta, ed operò anche a Berlino e Vienna. Il suo studio di Via Margutta, a Roma, fu l’ambiente dove si formò il nipote Umberto.  Ad Arpino Mastroianni ha realizzato il Monumento ai Caduti (in Corso Tulliano) ed un bassorilievo in bronzo in onore degli alunni del “Tulliano” caduti durante il Primo Conflitto Mondiale.

 

San Francesco Saverio Maria Bianchi

Informazioni Utili Nato: 1743 ad Arpino - Morto: 1815 a Napoli


Sacerdote barnabita (1743-1815), noto come “l’'Apostolo di Napoli” per la sua intensa attività spirituale e taumaturgica in quella città. Di grande cultura, svolge importanti incarichi in seno alla sua Congregazione ed è docente nel Collegio barnabita di Arpino, nel Collegio San Carlo di Napoli  e, nel 1778, presso l’'Università di Napoli.


San Francesco Savero Maria BianchiE’ conosciuto nella città partenopea per la sua profonda pietà, la sua umiltà e la grande disponibilità verso gli altri. Con il passare degli anni  la sua esperienza religiosa si orienta verso il misticismo e la meditazione, ed egli abbandona gradualmente la pratica dell’'insegnamento.

Diviene protagonista di fenomeni soprannaturali, come quando, con il gesto benedicente della mano, ferma la lava del Vesuvio durante le eruzioni del 1804 e del 1805, episodi che gli guadagnano la fama popolare di santo. Viene elevato agli onori degli altari nel 1951.

Tra le altre personalità religiose che hanno dato lustro ad Arpino, si annoverano Ildefonso Rea, abate  benedettino di Montecassino dal 1945, fautore della ricostruzione del monastero distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale; il p. Vincenzo Sangermano (1758-1819), sacerdote barnabita, missionario in Birmania, autore di una dettagliata “Relazione” sul Paese asiatico, e primo rettore del Collegio Tulliano sotto Murat.

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<td valign="middle"><span style="font-size: 10pt; font-family: trebuchet ms,geneva;"><strong>Nato: </strong>63 a.C. ad Arpino <span style="font-size: 8pt;"></span> - <strong>Morto: </strong>12 a.C.<strong> </strong>in Campania</span><span style="font-size: 10pt; font-family: trebuchet ms,geneva;"></span></td>
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Marco Vipsanio Agrippa

Informazioni Utili Nato: 63 a.C. ad Arpino - Morto: 12 a.C. in Campania

Marco Vipsanio Agrippa Di modeste origini, Marco Vipsanio Agrippa (63 - 12 a.C.) fu figura di primissimo piano al tempo di Augusto. Non si conosce esattamente il suo luogo di nascita, ma da sempre la tradizione lo vuole cittadino di Arpino: il terzo grande figlio di Arpino romana.


Legato da amicizia con il giovane Ottavio, gli fu sempre a fianco dalla prima spedizione in Macedonia contro i Parti fin alla sua ascesa all’'Impero di Roma. Come governatore in Gallia,  Agrippa domò gli Aquitani, pacificò i Germani. Ma le sue doti militari si rivelarono magnificamente quando con energia e rapidità seppe dare a Roma una base navale con la costruzione del Portus Julius (riunì i laghi di Averno e Lucrino) e una poderosa flotta.

Al suo comando sconfisse Sesto Pompeo prima e annientò Antonio ad Azio. Si occupò, poi, delle Province Orientali con grandi successi. Morì nel 12 a. C. a 51 anni.


Il suo cursus honorum iniziò con la pretura, poi fu per tre volte console ma seppe rivelare anche le sue doti di grande costruttore quando non disdegnò la carica di edile. Sue opere furono il Porticus Vipsaniae contenente la prima carta geografica mondiale (l’'Orbis pictus) di cui aveva preparato i materiali, il pons Agrippae, la Basilica Neptuni e, infine, opera magistrale, il Pantheon.


Di singolare e versatile ingegno Agrippa va ricordato anche come autore di orazioni e memorie.

Carlo Conti

Informazioni Utili Nato: 1796 ad Arpino - Morto: 1868 a Napoli

Lapide Carlo Conti Musicista (1796-1868). Si forma a Napoli, dove nel 1846 diventa insegnante di contrappunto e composizione presso il Conservatorio di S. Pietro a Majella, succedendo a Gaetano Donizetti. Tra i più celebri teorici musicali della sua epoca, fu amico di Gioacchino Rossini e Saverio Mercadante e maestrino di Vincenzo Bellini.

Sono numerosi gli artisti lirici ed i musicisti che, durante il Settecento, nacquero ad Arpino, consolidando una tradizione musicale già affermata. Tra questi, ricordiamo Domenico Gizzi (1680-1745), compositore e maestro di canto nel Conservatorio S. Onofrio di Napoli; Gioacchino Conti (1714-1761), soprannominato il “Gizziello” perché allievo del Gizzi,  sopranista tra i più affermati della sua epoca, attivo nei più celebri teatri europei; Angelina Sperduti (1728-1760), soprano, detta “la celestina” per le straordinarie qualità della sua voce.

Quanto la città di Arpino sia orgogliosa dei suoi figli più illustri lo dimostra, oltre il culto della memoria esercitato con monumenti e con le manifestazioni culturali, anche la toponomastica stradale del centro storico, nella quale ricorrono i nomi di tutti gli Arpinati che hanno dato lustro alla città natale nelle lettere, nelle arti, nella spiritualità, nell’esercizio delle professioni, nelle armi.